Per quali organi servono gli screening oncologici
Gli studi
Da CORRIERE DELLA SERA del 12-3-2017
Gli screening oncologici sono stati messi a punto e convalidati su milioni di persone in tutto il mondo: possono scoprire la presenza di lesioni precancerose o di un tumore agli stadi iniziali, quando è più semplice da curare e le probabilità di guarire sono maggiori. A oggi i programmi di screening in Italia prevedono che tutte le donne tra i 50e i 69 anni ricevano ogni due anni una lettera d’invito dalla Asl a eseguire gratis la mammografia.
Inoltre, tutti i cittadini fra i 50 e i 70 hanno diritto, sempre biennalmente, a fare il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci.
Infine, ogni tre anni per le donne tra i 25 e i 64 anni c’è il Pap test, che viene progressivamente sostituito dall’esame che va alla ricerca del Papillomavirus (Hpv), più efficace e da ripetere ogni cinque anni.
«L’utilità degli screening viene costantemente dimostrata da studi scientifici internazionali e da rigorose statistiche — dice Marco Zappa, direttore dell’Osservatorio Nazionale Screening (Ons), con sede presso l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica di Firenze —. Come emerge anche dal nostro Rapporto 2016, fare regolarmente la mammografia riduce il rischio di morire per tumore della mammella del 40%. Eseguire il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci diminuisce del 20% il pericolo di ammalarsi di carcinoma colo-rettale e del 40% quello di morirne. Effettuare il Pap test fa calare del 60-70% la probabilità di un cancro della cervice, e con il test per la ricerca dell’Hpv questa protezione cresce ulteriormente».
Sebbene i tumori siano fra le malattie che incutono più paura, i calcoli dell’Ons mostrano che ben la metà degli italiani invitati agli screening rifiuta quest’opportunità che permetterebbe persino d’individuare ed eliminare in anticipo anche quelle lesioni precancerose (di utero e colon, come polipi o adenomi) dalle quali insorge la stragrande maggioranza delle neoplasie.
Molti non lo fanno per timore di scoprire qualcosa che non va, altri per pigrizia. C’è poi chi teme i possibili “effetti collaterali” dei programmi di diagnosi precoce. «Non ci sono controversie sull’utilità di Pap o Hpv test e neppure sulla ricerca del sangue occulto nelle feci — sottolinea Zappa —. Quanto alla mammografia, c’è chi sottolinea i potenziali svantaggi legati alle diagnosi in eccesso, ovvero alla scoperta di forme tumorali che senza l’esame non si sarebbero nel corso della vita mai manifestate (poco aggressive, che non causano la morte della persona e neppure altri problemi). Sulle sue capacità come mezzo di diagnosi precoce e nel ridurre la mortalità sono tutti sostanzialmente d’accordo. I pro superano i contro, tanto che questo esame viene usato in tutto il mondo, ma per migliorarlo stiamo studiando la tomosintesi, cioè la ricostruzione tridimensionale del seno, che sembra essere in grado di aumentare la sensibilità del test senza ampliare il numero di falsi positivi».
Oltre a questi esami, negli Stati Uniti si raccomanda la Tac spirale, uno strumento estremamente sensibile che individua lesioni e noduli polmonari anche molto piccoli, nei forti fumatori fra i 55 e gli 8o anni e nei forti ex fumatori che hanno smesso da meno di 15 anni. «Nel 2011 un grande studio americano ha evidenziato come questo test ripetuto una volta l’anno sia stato capace di ridurre la mortalità per cancro al polmone del 20 per cento — spiega Zappa —. La sovradiagnosi stimata è risultata abbastanza modesta. Se tra i possibili “contro” ci sono le radiazioni accumulate con il test, fra i dati a favore va ricordato che per la popolazione bersaglio (i forti fumatori) il rischio di morire per cancro polmonare è molto alto».
Di Vera Martinella