La tecnologia al servizio della psiconcologia

L’Associazione Umbra per la lotta Contro il Cancro onlus da oltre trent’anni garantisce assistenza psicologica specializzata ai pazienti oncologici e ai loro familiari. Con l’emergenza Coronavirus tutto il mondo ha cambiato rapidamente abitudini e stili di vita per arginare l’epidemia.

Anche l’Aucc ha dovuto necessariamente ripensare e mettere in atto un nuovo assetto lavorativo del team degli psiconcologi. Ne abbiamo discusso con il dottor Paolo Catanzaro, medico psichiatra responsabile dei servizi convenzionati di psiconcologia AUCC/AOP-Asl 1 e 2 dell’Umbria.

 

Come è stata affrontata la riorganizzazione del lavoro degli psicologi AUCC?

Paolo Catanzaro, medico psichiatra responsabile dei servizi convenzionati di Psiconcologia AUCC/AOP-Asl 1 e 2 dell’Umbria.

Dopo un iniziale disorientamento durante il quale abbiamo analizzato rapidamente ciò che stava accadendo, abbiamo dato la nostra disponibilità ad intervenire per casi urgenti.

Le attività psiconcologiche, secondo il piano sanitario regionale, rinetrano nei LEA (livelli essenziali di assistenza) ma, tranne qualche rara eccezione, non tra le prestazioni di urgenza o indifferibili.

È anche vero però che la prestazione differibile (che può essere rimandata nel tempo ndr) diventa indifferibile se si superano certi limiti temporali.

Facciamo un esempio. Se una persona che ha ricevuto una diagnosi di cancro manifesta un disagio emotivo, c’è il rischio che questo condizioni tutto il percorso di cura (aderenza alle cure, maggiori effetti collaterali, maggiori esami richiesti per tranquillizzarsi, peggiore prognosi).

Diventa quindi indispensabile intervenire tempestivamente con un supporto psicologico.

Dopo un attento confrontro con l’èquipe abbiamo deciso di rispondere alle telefonate dei pazienti che chiedevano aiuto e di continuare il lavoro psiconcologico tramite videochiamata.

 

Come hanno reagito gli operatori e i pazienti al cambiamento improvviso di abitudini?

Non è stato semplice anche perché una parte rilevante del nostro supporto avviene tramite terapie di gruppo. Ci siamo quindi dovuti attrezzare e studiare la tecnologia più adatta a realizzare videochiamate collettive. C’è stata la necessità di riadattare i nostri turni di lavoro alle esigenze dei pazienti.

Generalmente gli operatori psiconcologici operano sui pazienti che in quella stessa giornata effettuano chemioterapia o radioterapia, in modo tale da non farli venire più volte in ospedale. Tramite videochiamata questo non è stato più possibile e quindi il contatto con i pazienti è avvenuto in giornate e orari diversi da quelli abituali, con appuntamenti presi senza passare dal centro unificato di prenotazione e senza intermediari.

Abbiamo realizzato delle nuove agende personali per gli appuntamenti al posto dell’agenda unica del servizio. C’è stato dunque un riadattamento di noi operatori in funzione dei pazienti, disponibilità che è stata molto apprezzata dai pazienti.

La cartella psiconcologica informatizzata è rimasta il nostro unico punto di riferimento per documentare il lavoro e condividerlo con i colleghi, aspetto importante della continuità terapeutica. Ad esempio ci sono psicologi della nostra équipe che effettuano supporto psicologico in pazienti in trattamento psicofarmacologico. Poter monitorare costantemente il paziente tramite la cartella è di fondamentale importanza.

 

Effettuare una psicotareapia dal proprio domicilio avrà posto al paziente il problema della privacy. Come è stata affrontata questa necessità?

Questo problema si è presentato immediatamente. Alcuni potevano parlare in condizione di riservatezza, qualche paziente si è organizzato andando a parlare in garage o in macchina o al bagno. Per altri non era possibile e hanno rinunciato temporaneamente al supporto.

Un caso particolare però è la privacy nella psicoterapia di gruppo fatta da remoto, in cui la riservatezza non riguarda solo il paziente che parla, ma anche gli altri membri del gruppo che devono avere la garanzia di non essere ascoltati da eventuali familiari di un altro paziente in collegamento.

Abbiamo comunque mantenuto tutte le psicoterapie di gruppo in corso. Ai pazienti che non potevano garantire la riservatezza in quel determinato giorno e orario, abbiamo inviato verbalizzazioni scritte delle sedute. I pazienti assenti a loro volta rimandavano un loro feedback scritto che riportavamo al gruppo.

Alcune tecniche utilizzate prevedono il disegno (della malattia e della terapia), i pazienti ci inviavano tramite e mail o whatsApp le foto dei disegni realizzati. Insomma un lavoro impegnativo. Per questo dobbiamo ringraziare alcuni tirocinanti psicoterapeuti della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica Esistenziale “Gaetano Benedetti” di Perugia e alcuni tirocinanti post laurea del corso di laurea di Psicologia dell’Università di Perugia, che hanno continuato a svolgere il loro tirocinio obbligatorio da remoto, così come consentito dai nuovi regolamenti ministeriali.

 

Avete riscontrato particolari vantaggi o svantaggi da questa nuova modalità di lavoro?

Tra i vantaggi riscontrati c’è quello di poter svolgere attività di supporto anche senza un ambulatorio. Quando sarà finita l’emergenza coronavirus e avremo un esubero di pazienti rispetto agli ambulatori a disposizione, situazione frequente, prevederemo supporti da remoto.

La stessa cosa può essere realizzata per quei pazienti che hanno difficoltà a raggiungere l’ospedale per problemi logistici o per gli effetti collaterali da chemioterapia.

Veniamo agli svantaggi. A volte la tecnologia non è fluida come si vorrebbe e si verificano disconnessioni temporanee con colloqui frammentati. Non tutti i pazienti sono dotati di attrezzature tecnologiche aggiornate che garantiscono una buona qualità di trasmissione.

Il nostro lavoro di psiconcologia usa la parola, ma anche la comunicazione non verbale, che la tecnologia garantisce solo in parte. Una parte rilevante del rapporto terapeutico con i pazienti avviene con il contatto fisico e l’uso degli altri sensi (dalla stretta di mano alla presa della mano, dall’abbraccio al poter porgere un fazzoletto per asciugare le lacrime, dalla percezione del profumo messo dal paziente al cattivo odore legato al peggioramento delle condizioni psicofisiche) e questo la tecnologia non lo permette.

Speriamo quindi di rivedere presto i nostri pazienti e i nostri colleghi di persona!

 

Secondo lei quale impatto avrà questa esperienza sulla vita prefessionale ed esistenziale degli operatori e dei nostri pazienti?

Questa esperienza ci insegnerà alcune cose importanti. Intanto l’importanza del contatto umano che negli ultimi anni è stato mediato sempre più dalla tecnologia anche per quanto riguarda le relazioni di amicizia: tutto tramite sms, foto, social.

Vi sarà la riscoperta del re-incontrarsi e del contatto fisico e dell’attività fisica e sportiva. Ci insegnerà un uso più razionale della tecnologia soprattutto riuscendo a fare molte più cose a km o, con risparmio di tempo ed energie personali ma anche economiche.

Si potrebbe ridurre di molto l’inquinamento atmosferico con un uso più limitato delle auto se tanti lavori potessero essere svolti da remoto. Questo vale anche per la sanità dove la cosiddetta telemedicina dovrebbe essere maggiormente incentivata.

Inviare una tac dalla radiologia al pc dell’oncologo, realizzare un intervento chirurgico con un robottino manovrato a distanza, ma anche svolgere una valutazione psicologico clinica o una psicoterapia da remoto o realizzare eventi formativi a distanza sono azioni che rientrano nelle prestazioni della telemedicina.

Altre notizie